coreografia Patrizia de Bari
musica originale per violoncello Julia Kent
danza Françoise Parlanti
drammaturgia Tuccio Guicciardini
elementi scenici e live visuals Andrea Montagnani/pupillaquadra
luci Mario Mambro
assistente alla produzione Jenifer Zuggò
foto di scena Francesca Di Giuseppe, Francesco Spagnuolo
coproduzione Giardino Chiuso/Orizzonti Verticali/Fondazione Fabbrica Europa
Inverno si addentra nelle tematiche e nelle suggestioni legate a questa stagione della natura mettendole in relazione alla stagione del ciclo della vita. Lo spettacolo si sviluppa tra questi due piani, in un dialogo continuo tra il reale e il simbolico.
La pièce è parte di un lavoro in progress sulle stagioni, che scandiscono la nostra quotidianità con ritmi temporali certi e in qualche modo rassicuranti, ma ineluttabili. Questo scorrere del tempo ci suggerisce una riflessione sul suo avanzamento inarrestabile, stimolando la ricerca di come il linguaggio scenico possa restituirne la sua percezione, il suo defluire inesorabile e, in una visione più ampia, trovare un senso alla ciclicità.
Il percorso narrativo dello spettacolo si focalizza sull’attesa, sulla stasi forzata, dove la materia del freddo si insinua impalpabile, alla ricerca di una risposta, di un futuro, di un altrove. In inverno sembra che il paesaggio si fermi mentre tutt’intorno il tempo continua, incessante, il suo defluire. La metafora tra l’esistenza umana e l’inverno di un nostro tempo, sia esso la fine ineluttabile del ciclo vitale o il momento di passaggio ad una condizione altra, genera contrapposizioni tra la visione gelida, arida e desolata e un’atmosfera di riposo e intimità, che ci proietta in un destino comune di immobilità, in luoghi nebbiosi dell’anima.
Un unico elemento scenico come contenitore della memoria, del ricordo, delle esperienze vissute, crea un dialogo indissolubile con l’interprete; un bagaglio importante, ingombrante, pesante, dal quale non riesce a liberarsi, ma che forse custodisce le risposte ricercate. Le immagini video, che si susseguono incessantemente, riflettono uno stato d’animo complicato, sospeso tra il ricordo e la rassegnazione, tra la paura e la speranza, passando da ambientazioni vorticose ad altre di estrema essenzialità. Le composizioni di Julia Kent nascono durante il processo creativo e si inseriscono nella drammaturgia dando voce, con la loro struttura ciclica, al trascorrere di un tempo che ritorna, con sonorità ora lievi e sospese, ora estreme e ridondanti. Il lavoro si basa su una rigorosa partitura in cui ogni linguaggio concorre a creare immagini evocative, disegnando uno spazio scenico dai colori invernali in continua trasformazione.
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